Introduzione
Quando la maggior parte delle persone nomina i reef fa di solito riferimento ai reef corallini senza rendersi conto che i reef si possono sviluppare anche in acque più fredde (temperate).
Ci sono differenze fondamentali nella struttura e dinamica dei reef tropicali e temperati.
I reef temperati sono formati da un substrato roccioso, colonizzato da una combinazione di alghe ed invertebrati.
I reef corallini sono costruiti da piccoli animali che secernono uno scheletro di carbonato di calcio (i coralli).
Le acque temperate sono più fredde ed i livelli di nutrienti tendono ad essere più elevati in confronto ai reef di acque tropicali. A differenza dei reef tropicali dove dominano i coralli, il biota dominante nei reef temperati è generalmente rappresentato, dove c’è abbastanza luce, dalle macroalghe. Nei sistemi temperati, la maggior parte della fissazione del carbonio avviene ad opera di queste grandi alghe.
Nei sistemi tropicali, invece, la maggioranza del carbonio fissato è legata alla relazione simbiotica di alghe microscopiche che vivono all’interno dei tessuti di spugne e coralli.
Contrariamente a quanto si crede, i coralli sono comuni nelle acque temperate, ma qui non sono i costruttori dei reefs (www.reefwatch.asn.au).
Perchè conservare il nostro ambiente marino
L’unicità del Mediterraneo
Le particolari vicissitudini che hanno caratterizzato la storia del Mar Mediterraneo hanno determinato uno sviluppo degli ambienti marini in risposta ad una rara combinazione di forze ambientali.
Dal punto di vista ambientale, il Mediterraneo è un mare di biodiversità dove da sempre si incontrano piante marine e pesci propri dei mari più caldi con quelli originari del nord, presentando una moltitudine di specie che non si trovano da nessun’altra parte della Terra.
Il Mar Mediterraneo è un mare ricco di costruzioni biogeniche, comparabili per importanza e ricchezza a quelle di ambienti tropicali. Queste strutture derivano dalla massiccia deposizione di scheletri (generalmente di carbonato di calcio) da parte di animali e alghe, i cui resti permangono anche dopo la morte degli organismi.
Le bio-costruzioni sono per lo più plurispecifiche possono occupare un volume cospicuo, attribuendo all’ambiente colonizzato caratteristiche morfologiche, biologiche e geologiche uniche.
La flora e la fauna unica dell’ambiente marino mediterraneo.
Nell'ecosistema costiero del Mar Mediterraneo un ruolo fondamentale è svolto dalla Posidonia oceanica. Essa produce un'alta quantità di ossigeno, fino a 20 litri al giorno per ogni metro di prateria: contribuisce inoltre al consolidamento dei fondali e delle spiagge, proteggendole dalla erosione. Ma soprattutto le praterie marine di questa fanerogama sono l'ambiente ideale per la crescita di pesci, crostacei e altre forme di vita, costituendo una vera e propria nursery per diversi organismi. Attualmente la Posidonia è in forte regressione in tutto il bacino mediterraneo, a causa dell'inquinamento chimico ma anche delle opere di protezione costiera e dell'"aratura" dei fondali provocata dalle ancore delle barche e dalla pesca a strascico abusiva sotto costa.
Servizi ecosistemici ricavati dall’ambiente marino
Quello che molte persone non sanno è il fatto che gli ecosistemi naturali esercitano un numero di funzioni diverse senza le quali le nostre vite diventerebbero veramente difficili.
I servizi ecosistemici possono essere vagamente definiti come tutte le attività e le funzioni che un ecosistema svolge naturalmente. In particolare l’ambiente vicino alla costa ci rifornisce di cibo e altre risorse mentre nello stesso tempo assorbe molti dei nostri prodotti di scarto inclusi rifiuti e altri inquinanti.
Questi servizi sono forniti dal nostro ambiente marino gratis e spesso senza che noi ce ne rendiamo conto.
Le minacce al Mediterraneo
L'antropizzazione delle coste del Mediterraneo, caratterizzata dall'esponenziale incremento demografico e produttivo avvenuto nell'ultimo secolo, ha portato ad una progressiva diminuzione della biodiversità stessa, anche in considerazione del fatto che si tratta di un bacino semichiuso con un ricambio lentissimo delle acque.
Le principali minacce che stanno mettendo a rischio specie, habitat e interi ecosistemi del nostro patrimonio naturale sono l'effetto dell'impatto delle attività umane: l'urbanizzazione, l'uso intensivo in agricoltura di fertilizzanti ricchi di azoto e fosforo e la conseguente eutrofizzazione delle acque, l'inquinamento causato dalle acque di scarico contenenti metalli pesanti e organoclorurati, la crescente espansione turistica, gli sversamenti di idrocarburi, l'introduzione di specie alloctone, il prelievo delle risorse ittiche caratterizzato da sovrasfruttamento e mancata applicazione di metodiche ecocompatibili.
Specie alloctone
Per quelle specie confinate in un unico habitat, ovvero specializzate per sopravvivere in quel particolare ambiente, la perdita o il degrado dell'habitat stesso possono significare la loro totale scomparsa.
Un fattore che incide sulla diminuzione o perdita di biodiversità è l'introduzione di specie alloctone (organismi dispersi naturalmente o insediatisi a seguito dell'intervento diretto o indiretto dell'uomo) che, non incontrando adeguati competitori naturali, si sostituiscono più o meno rapidamente alle specie autoctone provocandone gradualmente la riduzione fino all'eventuale scomparsa.
Un esempio largamente conosciuto è rappresentato dalle alghe verdi appartenenti al genere Caulerpa.
Quando si tratta di specie particolarmente aggressive è purtroppo presumibile una loro rapida proliferazione fino alla saturazione dell'habitat; comportando inevitabilmente una progressiva regressione delle specie autoctone fino ad una possibile estinzione.
Biodiversità
Il delicato equilibrio attualmente esistente sulla Terra fra specie vegetali ed animali è frutto di milioni di anni di evoluzione. Numerose specie vengono perse ogni anno e questo spesso a causa dell’uomo che è il principale responsabile della disgregazione degli habitat, della introduzione di specie aliene e dell’eccessivo sfruttamento delle risorse.
Se non si vuole perdere per sempre il patrimonio rappresentato dalla ricchezza genetica della biodiversità è necessario individuare, inventariare e proteggere i luoghi rimasti nel mondo che ancora custodiscono la diversità vegetale e animale.
Nell’88, Norman Myers, ecologo britannico, adottò il termine "hot spots" (punti caldi) per descrivere ecosistemi particolarmente ricchi e vulnerabili. Fu identificato un numero di 24 aree che, pur coprendo il 2% della superficie terrestre ospitano oltre la metà delle specie esistenti (Myers, et al. 2000).
Fra queste aree possiamo annoverare i reef corallini ed i reef temperati; di questi ultimi il Mediterraneo rappresenta certamente uno degli ambienti più significativi.
La tutela della Biodiversità
La Convenzione internazionale sulla Biodiversità siglata a Rio de Janeiro nel 1992 nel corso del Vertice della Terra, costituisce il quadro principale di riferimento per quanto concerne la salvaguardia e l'uso durevole della Biodiversità. L’Italia è uno dei paesi che hanno sottoscritto tale convenzione. La Convenzione richiedeva ad ogni paese di produrre un Piano d’Azione sulla Biodiversità nazionale per dichiarare come esso intendesse conservare e proteggere le sue risorse per il futuro.
Di seguito è riassunto quanto descritto nel sito del Ministero dell’Ambiente sulla tutela della biodiversità nel Mediterraneo e quali azioni sono state intraprese.
La Biodiversità nel Mediterraneo
Il Mediterraneo, una delle principali eco-regioni del pianeta, risulta essere, per la sua ricchezza di biodiversità, tra i più importanti ecosistemi al mondo.
L'ambiente naturale mediterraneo è una combinazione di fattori geomorfologici e climatici omogenei e la sua diversità biologica è dovuta principalmente all'adattamento di molte specie alle estati calde e secche ed agli inverni miti che caratterizzano il nostro clima; contribuisce, inoltre, alla ricchezza di biodiversità un'elevata produttività primaria prodotta dai movimenti di masse d'acqua fredda nel bacino: in quest'area il vento e le correnti rimettono in circolo nella colonna d'acqua gli elementi nutritivi rendendoli disponibili per gli organismi planctonici, primo anello della catena alimentare.
Un altro elemento importante è costituito dalle correnti che attraversano lo Stretto di Gibilterra e circolano verso la parte occidentale del Mediterraneo.
Queste correnti vengono sfruttate dai grandi pelagici (tonno e pesce spada) per la loro migrazione verso le zone di riproduzione o di deposizione delle uova, mentre molte specie marine, compresi cetacei e pesci, vengono attratti nel nostro mare dall'abbondanza di cibo, in particolar modo da crostacei di piccole dimensioni (Meganyctiphanes norvegica) che costituiscono il krill mediterraneo, che rappresenta la base della catena alimentare pelagica la cui concentrazione è massima da gennaio a luglio. Questo fenomeno si verifica soprattutto nell'angolo di mare compreso fra Liguria, Provenza e Sardegna settentrionale, nel quale è stata istituita un'area marina tutelata, denominata Santuario dei Cetacei.
L'antropizzazione delle coste del Mediterraneo, caratterizzata dall'esponenziale incremento demografico e produttivo avvenuto nell'ultimo secolo, ha portato ad una progressiva diminuzione della biodiversità stessa, anche in considerazione del fatto che si tratta di un bacino semichiuso con un ricambio lentissimo delle acque.
Le principali minacce che stanno mettendo a rischio specie, habitat e interi ecosistemi del nostro patrimonio naturale sono l'effetto dell'impatto delle attività umane, l'urbanizzazione, l'uso intensivo in agricoltura di fertilizzanti ricchi di azoto e fosforo e la conseguente eutrofizzazione delle acque, l'inquinamento causato dalle acque di scarico contenenti metalli pesanti e organoclorurati, la crescente espansione turistica, gli sversamenti di idrocarburi, l'introduzione di specie alloctone, il prelievo delle risorse ittiche caratterizzato da sovrasfruttamento e mancata applicazione di metodiche ecocompatibili.
Azioni
Il D.P.R. 27 marzo 2001 n.178, che regolamenta l'organizzazione del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, assegna alla Direzione per la Difesa del mare / Dipartimento per le risorse idriche, le competenze in materia di tutela della biodiversità marina e delle specie marine protette nonché dell'ambiente marino circostante nel suo complesso.
In base a tali competenze, il Servizio realizza azioni mirate alla tutela e alla gestione delle specie segnalate dagli accordi internazionali sottoscritti come prioritarie per il Mediterraneo, il cui stato di conservazione risulta particolarmente minacciato.
In particolare, i filoni di attività attualmente in corso riguardano, a livello di specie, tutti i cetacei presenti nelle acque italiane, le tartarughe marine, le praterie di Posidonia e le specie alloctone invasive (in particolare Caulerpa taxifolia e C. racemosa).