I ricercatori dell'Istituto di Scienze Marine di Sydney e l'Università di Sydney School of Geosciences stanno esplorando la possibilità di rendere più riflettenti le nuvole a bassa quota, sulla costa nordorientale dell'Australia, per raffreddare le acque che circondano il più grande sistema di barriera corallina del mondo.
Negli ultimi due anni, la Grande Barriera Corallina è stata devastata da uno sbiancamento su larga scala, un fenomeno che si verifica quando le calde acque oceaniche provocano l’espulsione delle alghe, che vivono in simbiosi nei tessuti del corallo. L'anno scorso, gli eventi conseguenti a El Niño hanno fatto salire le temperature dell'oceano, almeno il 20% della barriera corallina è morta e più del 90% è rimasta danneggiata.
I ricercatori australiani hanno studiato diversi metodi per preservare le barriere coralline. Ma, a questo punto, rendere le nuvole più riflettenti, secondo i ricercatori, sembra il modo più fattibile per proteggere un ecosistema che si estende su più di 130.000 miglia quadrate. La brillantezza delle nuvole sarebbe, a loro parere, l'unica cosa identificata applicabile su larga scala, sensibile e relativamente benigna per l'ambiente.
È questo uno dei numerosi gruppi di ricerca che hanno iniziato ad esplorare se la luminosità delle nuvole, discussa in genere come potenziale strumento per alterare il clima nel suo complesso, potrebbe essere applicata in modo più mirato. Tutti gli scienziati coinvolti sottolineano che la ricerca è alle sue origini. Nessuno ha mai testato un sistema per la brillantezza delle nuvole, molto meno in applicazioni geograficamente mirate.
Uno scienziato britannico, John Latham, propose l'idea, quasi 30 anni fa, per la prima volta, come potenziale metodo per controllare il riscaldamento globale, su Nature. La teoria è che flotte di navi potrebbero spruzzare piccole particelle di sale, generate dall'acqua di mare, verso nuvole a bassa quota, sulla superficie del mare, in prossimità delle coste di diversi continenti. Questo fornirebbe i nuclei necessari per indurre una formazione addizionale di goccioline, ampliando la superficie totale delle nuvole. Le dense nuvole bianche risultanti dovrebbero riflettere più calore nello spazio. Uno studio condotto da Latham, all'Università di Manchester, ha concluso che l'approccio potrebbe compensare il riscaldamento che si verificherebbe se l'anidride carbonica raddoppiasse nell'atmosfera.
Il progetto Marine Cloud Brightening, una collaborazione tra un gruppo di ricercatori della Silicon Valley e scienziati del clima dell'Università di Washington, è quello che ha lavorato maggiormente sull'idea, finora. La squadra di Sunnyvale, in California, ha passato gli ultimi sette anni a sviluppare un ugello che essi credono possa spruzzare particelle di sale della giusta dimensione e quantità allo scopo di alterare le nuvole. Stanno cercando di raccogliere diversi milioni di dollari per costruire spruzzatori su vasta scala, sperando alla fine di condurre piccole sperimentazioni sul campo in un punto piatto lungo la costa del Pacifico, idealmente un posto con venti vicino a riva, nuvole basse e vicini con una mentalità aperta.
Essi sono fra un ristretto gruppo di ricercatori che cercano di condurre esperimenti limitati, all’aperto, per esplorare la fattibilità e i rischi di tali approcci. Ma mentre la prospettiva di utilizzare la geo-ingegneria, per attenuare il riscaldamento globale su larga scala, pone problemi di governance non gestibili, l'utilizzo della tecnologia per affrontare un problema più localizzato potrebbe essere più fattibile, almeno politicamente.