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Studiata, per la prima volta in assoluto, l’evoluzione del veleno nei pesci ossei e cartilaginei

Pubblicato da Scubamonitor in Ricerca · 28/10/2016 17:27:00
Tags: velenopescievoluzione
        

Sentendo la parola veleno, la maggior parte delle persone pensa probabilmente ai denti di un serpente. Ma la capacità di produrre e iniettare tossine in un altro animale è così utile che si è sviluppata in numerose creature che vanno dalle meduse ai ragni, dai topi ragno all’ornitorinco maschio.
Ora uno studio pubblicato nella rivista Comparative Biology fa un elenco di esempi di vita acquatica velenosa, mostrando per la prima volta che il veleno si è evoluto 18 diverse volte nei pesci di acque dolci e salate.
Fra le altre scoperte dello studio:
•\tA differenza degli squamati, come lucertole e serpenti, pochissimi pesci hanno sviluppato denti o zanne velenose.
•\tLa funzione predominante del veleno nei pesci riguarda più la difesa dell’offesa.
•\tIl veleno, nelle acque dolci, riguarda soprattutto i pesci gatto, al contrario degli ambienti marini dove è ampiamente diffuso fra molti gruppi.
•\tÈ sorprendente come sia relativamente comune il veleno negli squali di ambienti profondi (il 30% degli squali velenosi) paragonato ai pesci ossei di mari profondi (5% dei pesci ossei velenosi)
Per la prima volta in assoluto i ricercatori hanno studiato l’evoluzione del veleno in tutti i pesci. Spendendo anni a combinare referti medici di persone esposte al veleno dei pesci. Quindi, il team ha messo insieme gli alberi familiari di quei pesci, usando specie dei musei di storia naturale per rintracciare prove del veleno fra specie strettamente correlate.
Essi hanno compreso come si presentano le ghiandole del veleno in un animale noto per essere velenoso e come appaiono in tutti i gruppi correlati. Per esempio, nei correlati al genere Seriola, che le persone mangiano come sushi ed è considerato velenoso, sono state trovate ghiandole velenose nelle spine.
I veleni dei pesci sono spesso molto complessi, grandi molecole che hanno un grande impatto. Il veleno può interferire con la pressione sanguigna, causare necrosi localizzate, danni ai tessuti e al sangue e attività emolitica – esso previene i trombi, per diffondere il veleno in tutta la preda. Il veleno è una neurotossina. La risposta media presenta dolore e gonfiore.
Poiché i pesci devono convivere col loro stesso veleno, potrebbero esserci molecole helper che proteggono gli stessi pesci e li aiutano a sopravvivere. Queste potrebbero avere anche un valore terapeutico per le persone. Fino al 95% dei pesci velenosi usano le loro tossine per difesa, di solito conservando il veleno dentro le spine dorsali, da dove esso può essere dislocato nel caso in cui il pesce venga schiacciato o un altro pesce tenti di inghiottirlo. Alcuni, comunque, usano il veleno per aggredire o debilitare le loro prede e possono talvolta ferire le persone.

Image courtesy William Leo Smith




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