In studi recenti effettuati in atolli del Pacifico, lontani dalla presenza dell'uomo, e quindi considerati ancora naturalmente integri, gli autori hanno dimostrato che la biomassa costituita dai grandi predatori risulta maggiore rispetto a quella dei pesci che occupano i livelli inferiori e quindi, relativamente ai pesci, la piramide assumerebbe una conformazione quasi invertita (Stevenson et al 2007).L'inversione non va interpretata come una eccezione alla regola, non è semplice trovare spiegazioni a questo fenomeno ma una potrebbe essere legata al fatto che i grandi predatori non dipendono interamente dal reef per il loro sostentamento, essi sono infatti in grado di ricavare le loro risorse alimentari anche in aree totalmente staccate dagli stessi reef. Non va inoltre dimenticata l'attrazione che i reef sono in grado di esercitare su numerose specie che di norma si cibano in acque aperte, come ad esempio carangidi, scombridi.
Tutti i reef corallini sono stati oggetto di un indiscriminato prelievo degli organismi di maggiori dimensioni che da sempre rappresentano le prede principali del vero predatore apicale che è l'uomo. Questo sta portando queste aree ad una situazione probabilmente senza ritorno.I riscontri negli atolli del Pacifico dimostrerebbero che la presenza dell'uomo potrebbe aver inciso con ogni probabilità sul normale equilibrio dell'ecosistema dei reef corallini evidenziando che nei reef in salute, contrariamente a quanto sembra la norma, il numero di grandi pesci è assolutamente elevato.
Un recente documentario, ancora non disponibile in Italia ma consultabile in internet all'indirizzo: http://endoftheline.com/ evidenzia in maniera disarmante che nel 2050 in tutti gli oceani del pianeta i pesci potranno essere considerati virtualmente estinti. La medesima sorte potrebbe capitare anche alle scogliere coralline che, secondo i maggiori ricercatori del campo, saranno uno degli ecosistemi destinati a scomparire per primi. Soprattutto se gli attuali fenomeni, come il riscaldamento globale o lo sfruttamento eccessivo della pesca, solo per citarne alcuni, dovessero procedere ai ritmi attuali.Quali soluzioni è quindi possibile proporre a tale problema? In primo luogo incentivare un utilizzo sostenibile dei reef attraverso l'educazione delle popolazioni locali ad una gestione basata su tecniche non distruttive. Ad esempio, invece di catturare squali al solo scopo di rivenderli nei mercati orientali, dove la richiesta supera già di gran lunga le attuali possibilità di prelievo, si potrebbe incentivare il turismo subacqueo, favorendo le compagnie che svolgono la propria attività dando lavoro alle popolazioni locali. Come è già ampiamente dimostrato dal business di alcuni tour operator che, promettendo l'incontro con grandi predatori, vedono aumentare notevolmente i propri profitti offrendo al tempo stesso alla popolazioni locali nuove opportunità di sviluppo. Un'altra soluzione consiste nel monitorare costantemente i reef allo scopo di aver una visione nel tempo che ci consenta di avere sempre una corretta percezione del reale stato di salute di questi ecosistemi.
Riferimenti
Sheppard, C.1995.The shifting baseline syndrome.
Marine Pollution Bulletin 30: 766-767
Stevenson, C., Katz, L. S., Micheli, L. F., Block, B., Heiman, K. W., Perle, C., Weng, K., Dunbar, R., Witting, J.2006.High apex predator biomass on remote Pacific Islands.
Coral Reefs 26: 47-51.